di Pietro Frapoli
Regia: Sean Penn
Genere: avventura, drammatico, biografico
Cast: Emile Hirsch, William Hurt, Marcia Gay Harden, Jena Malone, Hal Holbrook, Catherine Keener, Brian Dierker, Kristen Stewart, Vince Vaughn
Tutti abbiamo visto almeno una volta Into The Wild - chi non lo ha ancora
fatto si dia una mossa - nel 2007 Sean Penn è entrato nelle sale
cinematografiche italiane e mondiali con questo piccolo capolavoro, un film
all'apparenza senza pretese ma che rivela una profondità sorprendente.
In to the wild è un film che in qualche modo colpisce tutti: l'apologia del
ritorno alla natura, alla dimensione intima e romantica dell'uomo con l'origine
del mondo, il viaggio come scoperta nuova di sè e l'ascetismo come scelta
dettata dalla stanchezza nei confronti di una realtà ormai ritenuta monotona,
insipiente e innaturale.(...)
(C. J. McCandless)
"Non dovremmo negare che l'essere nomadi ci ha sempre riempiti di
gioia. Nella nostra mente viene associato alla fuga da storia, oppressione,
legge e noiose coercizioni, alla liberà assoluta, e la strada porta sempre a
Ovest."
(C.J. McCandless)
Sono temi che colpiscono sempre nel segno ai nostri giorni, in cui
l'ambientalismo dilagante e tutte queste storie che ci fanno sulla convenienza
e salubrità del cibo biologico stanno distorcendo la percezione vera che
dovremmo avere del reale.
Interessante da questo punto di vista è che il protagonista, Chris (Emile
Hirsch), muoia proprio avvelenato dalla natura in cui si è immerso fino al
collo: la natura non è di per sè buona, ma è uno strumento per il compimento
dell'uomo e come tale da accudire e coltivare.
"Si avvertiva chiaramente una forza ostile all'uomo, era un luogo di
solitudine e riti pagani…fatto per essere abitato da uomini più vicini agli
animali selvaggi che a noi."
(C. J. McCandless)
Senza esaurire neanche minimamente tutti gli spunti che il film, ma
soprattutto la storia vera di Chri mcCandless, offre, posso dire che sono due i
motivi per cui assolutamente dobbiamo vedere questo film, ed entrambi si
scoprono nel finale.
Dopo due anni passati a vagabondare tra le genti e parecchi mesi passati
nelle foreste dell'Alaska, Chris muore nella sua brandina del bus 142.
Poco prima ha scritto nei suoi fogli: "la felicità è reale solo se
condivisa" ed "e se io stessi sorridendo e stessi correndo tra le
vostre braccia, riuscireste a vedere…quello che vedo io ora?", tutto
firmato per la prima volta dopo due anni dal suo vero nome, C.J.mcCandless.
Al di la della retorica che possiamo fare, Chris alla fine del suo viaggio
si rende conto che tutta la bellezza che ha visto e sperimentato di persona non
è così interessante se non nel momento in cui è possibile condividerla con
degli amici, si è reso conto che, con o senza Dio, è scritto nel cuore
dell'uomo un desiderio di compagnia. Scritto ciò, in punto di morte, pronuncia
la seconda delle due frasi che ho citato che denuncia a parer mio una sfiducia
nella possibilità che i suoi genitori possano comprendere quella bellezza che
lui vede ora. Quella bellezza la vede solo chi segue i suoi desideri fino in
fondo, fino a dare la vita per essi. Infine la riconciliazione col suo nome di
battesimo ci mostra un ritorno all'origine del suo cammino, una volontà di
essere veramente se stesso di fronte alla morte ormai imminente.
Chris mcCandless ha il coraggio di affrontare un viaggio di cui molti
sognano, scrivono, parlano e straparlano, una viaggio per cercare una risposta
a tutta l'inadeguatezza che lui sente nei confronti di una società che soffoca
la sua vita, un viaggio alla scoperta dei desideri del cuore umano e della
vertigine del confronto tra uomo e natura.
"Se vuoi qualcosa nella vita, allunga la mano e prendila…" (C.
J. McCandless)
Contribuisce alla maestosità del film il grande Eddie Vedder con una
colonna sonora da brivido che ci accompagna nel viaggio di Chris.
Buona visione (consiglio la lettura del libro per capire effettivamente
come sono andate le cose, da una prima visione non si capisce troppo bene la
successione cronologica dei fatti).
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